“Historia General de las Cosas de Nueva España”di Fr. Bernardino di Sahagún inserita nel Registro Internazionale della Memoria del Mondo dell’UNESCO
Il Comitato Internazionale dell’UNESCO “Memoria del Mondo”, nella riunione celebrata dal 4 al 6 ottobre 2015 a Abu Dhabi, negli Emirati Arabi, ha approvato all’unanimità di inserire nel Registro Internazionale della Memoria del Mondo, l’opera di Fr. Bernardino di Sahagún, missionario del XVI secolo della Provincia del Santo Vangelo del Messico, e padre dell’antropologia americana. Le sue due grandi opere, il Codice Matritense e il Codice Fiorentino, raccolgono entrambi nella lingua nàhuatl i contenuti non solo religiosi, ma anche storici, letterari, cosmologici, artistici, e medicinali dell’antica cultura messicana.
L’Istituto Nazionale di Antropologia e Storia del Messico, con la presenza di Fr. Francisco Morales, direttore del centro “Studi Francescani in Umanità, Fr. Bernardino di Sahagun”, ha celebrato il 20 ottobre di quest’anno, questo importante riconoscimento che onora la cultura del mondo, del Messico e degli evangelizzatori francescani del XVI secolo.
Fr. Bernardino di Sahagún
Bernardino de Sahagún (al secolo Bernardino de Rivera, Ribera o Ribeira) (Sahagún, 1499 – Città del Messico, 5 febbraio 1590) è stato un missionario spagnolo, svolse la sua opera in Messico tra il popolo azteco (Náhua).
Studiò all’Università di Salamanca ed entrò nell’ordine francescano, probabilmente nel 1527. Nel 1529 si imbarcò per la Nuova Spagna. Trascorse i primi anni nel convento di Tlamanalco. Dal 1536 insegna grammatica latina nel Colegio de la Santa Cruz di Tlatelolco, dove i frati francescani insegnano ai figli dell’antica nobiltà messicana. Nel periodo compreso tra il 1540 ed il 1545 svolge inoltre alcuni ruoli ecclesiastici a Puebla e nella regione dei Vulcani. Nel 1558 viene inviato a Tepepolco dove rimane per due anni, prima di tornare a Tlatelolco. Nel 1585 si trasferisce nel Convento di San Francesco in Messico dove muore nel 1590 all’età di novant’anni.
A differenza di molti missionari del periodo, studiò la cultura Náhua e la lingua náhuatl compilando anche un lavoro (non in parallelo) in Spagnolo e in Náhuatl. Miguel León-Portilla ha rivendicato per Sahagún il titolo di “primo antropologo”, perché il suo metodo di lavoro era insolitamente avanzato per i tempi.
Fin dal 1547 egli iniziò a raccogliere gli huehuetlatolli (“Parole degli anziani”), un insieme di modi di dire che costituivano una sorta di filosofia morale degli Aztechi. Dal 1550 iniziò anche a registrare i racconti indigeni della conquista. Nel 1558 iniziò a lavorare al suo lavoro più corposo, uno studio sulla religione azteca che col tempo diventerà un’enciclopedia in dodici volumi del sapere azteco, in cui confluiranno anche i suoi studi precedenti. Egli classificò tre gruppi di Náhualt “tlatimines” provenienti da differenti città. Fece domande, confrontò le risposte dei tre gruppi indipendenti e chiese numerosi chiarimenti riguardo alle varie differenze. Tutto questo fu fatto in Náhuatl.
Il lavoro di Sahagún è conosciuto grazie ad un manoscritto chiamato Codice fiorentino. Dopo una richiesta delle autorità spagnole ne scrisse una versione in castigliano, la Historia general de las cosas de Nueva España. Per le sue critiche al disordine sociale introdotto dalla conquista spagnola nella Nuova Spagna, nel 1577 Filippo II promulgò un’ordinanza regia in cui vietò a chiunque di prenderne conoscenza e di contribuire alla sua diffusione. L’opera sarà pubblicata soltanto nel XIX secolo. Fortunatamente il frate ne conservò una copia, visto che l’originale è andato perduto.
Solo recentemente la parte in Náhuatl è stata completamente tradotta.
A Sahagún viene attribuito anche il manoscritto religioso cristiano in lingua nahuatl “Exercicio quotidiano” composto da meditazioni giornaliere con passaggi in latino presi dal Nuovo Testamento. È però improbabile che sia stato lui a scrivere fisicamente il libro, dato che in quel periodo soffriva di un tremore che gli rendeva impossibile la scrittura.
“Historia General de las Cosas de Nueva España”
Il Codice Fiorentino, un manoscritto unico risalente al 1577 conservato nella Biblioteca Medicea Laurenziana di Firenze, “Historia General de las Cosas de Nueva España” (Storia generale delle cose della Nuova Spagna), questo è il nome con il quale il Codice Fiorentino è conosciuto, è un’opera enciclopedica sulla gente e la cultura del Messico centrale che ha impegnato per la redazione, per un periodo di oltre 30 anni Frate Bernardino di Sahagún (1499-1590), un missionario francescano arrivato in Messico nel 1529, otto anni dopo il completamento della conquista spagnola da parte di Hernan Cortés.
Il testo è in spagnolo e nahuatl, la lingua degli aztechi. Il Codice diviso in 12 libri, riccamente illustrati da artisti indigeni, tratta della religione azteca e della vita civile economica e sociale, della storia e della mitologia azteca, dell’uso delle piante e degli animali e della conquista spagnola vista attraverso gli occhi dei nativi messicani.
Il frate giunse in Messico nel 1529 e dal 1559 iniziò a raccogliere delle testimonianze indigene. Nel 1569 probabilmente terminò la stesura della prima redazione, mentre il codice che possediamo attualmente venne riscritto negli anni 1576-1577. Inizialmente fu inviato al viceré di Spagna Don Martín Enríquez, ma il re Filippo II ne dispose il sequestro nel 1577, non restituendolo più al religioso nonostante le sue insistenze. In quegli anni si stava combattendo la guerra di conquista del Portogallo e il granduca di Toscana Francesco I stava offrendo al re spagnolo un grande aiuto economico e militare. Per questo Filippo II, conoscendo anche la passione per le scienze naturali e le curiosità provenienti da mondi lontani del suo alleato, regalò a Francesco I il manoscritto di Sahagún, anche come approvazione per la sua decisione di sposarsi pubblicamente con Bianca Cappello il 12 ottobre 1579. Il codice è dunque chiamato “fiorentino” perché è tuttora conservato nella Biblioteca Medicea Laurenziana di Firenze, anche se l’interesse per quest’opera si è risvegliato soltanto di recente.
La Historia universal de las cosas de Nueva España, si compone di dodici volumi: i libri I, II e III trattano degli dei aztechi; i libri IV, V e VII di astrologia e divinazione; i libri VIII, IX e X descrivono la società e la vita quotidiana azteca; il libro XI descrive gli animali, le piante ed i minerali del Messico. Infine, i libri VI e XII non rientrano pienamente nel piano dell’opera originario dell’autore. Sahagún vi riporterà del materiale che aveva raccolto prima di iniziare a lavorare alla Historia, ovvero gli huehuetlatolli (“Parole degli anziani”), un insieme di modi di dire che costituivano una sorta di filosofia morale degli Aztechi – libro VI – e la versione indiana del racconto della conquista spagnola.
Sebbene Fr. Bernardino Sahagún non rinneghi mai il valore morale della conversione al Cristianesimo delle popolazioni indigene, espresse nella Historia numerose critiche al disordine sociale introdotto dalla conquista spagnola nella Nuova Spagna. Per questa ragione fu vietata la lettura e la pubblicazione del manoscritto con ordinanza regia e l’opera sarà pubblicata soltanto nel XIX secolo.
(tratto da: Wikipedia e dal sito della Biblioteca Laurenziana)